Qui Pulcinella significa una serie continua di gesti teatrali bloccati nella scultura e la presenza flagrante del suo corpo. Questa “pérsona Pulcinella” rappresenta la pratica del “Noi” invece che dell’io. Così Pulcinella diventa domanda posta ai presenti, l’ostensione di Lello Esposito che cerca una diretta e frontale comunicazione, adatta a trasformare l’individuata separatezza della scultura in corpo sociale e comunitario.
Achille Bonito Oliva, in “L’Odore dell’Anima”, 1995
Lello Esposito ri/prende, ri/nnova, ri/propone. Ma anche mescola, innesta, propone. La sua matrice è tellurica e organica: montagna che nasconde nelle viscere fuoco, il provvisorio e l’intensamente combattuto dell’esistenza, il ribollire di nuova linfa e nuova vita.
Goffredo Fofi, in “Lello Esposito”, 1996
Quello che si fa strada e che assegna all’opera di Lello Esposito marchio individuale e risonanza collettiva è il suo fondamento terrestre che ci pone davanti al mito locale e alla modernità globale insieme. Bellezza, paura, genio, sublime: rinunciano radicalmente alle espressioni abituali dell’estetica per una considerazione dell’arte in termini di terra, di mondo e del nostro essere. Contemplando ciò, mentre sono circondato dalle sculture di Lello Esposito, posso solo riconoscere che il valore astratto della bellezza è sostituito dalla sorpresa di fronte a quello che sorge dentro, attraverso e oltre di noi: la questione dell’essere.
Iain Chambers, in “L’estetica dell’Ubiquità”, 1996
Al personaggio Pulcinella, come Lello Esposito suggerisce con ogni pezzo della sua opera, non le tecniche laboriose dell’invenzione si addicono, ma le magiche improvvisazioni delle “metamorfosi”, dove le cose, ogni volta mutando l’apparente forma, sempre nella sostanza restano medesime: così Pulcinella diventa uovo, vulcano, teschio e perfino, spogliato di maschera, uomo, eppure in ognuno di questi estrosi travestimenti resta sempre e soltanto Pulcinella, non una qualsiasi maschera-persona, bensì un proteiforme personaggio: uno e centomila. Con il passo provocatorio delle sue fantastiche variazioni sul tema Lello Esposito, esasperando in apparenze metamorfiche l’irredimibile “ripetitività” del vecchio Pulcinella ne intacca l’immobile contesto culturale, introverso e chiuso, e vi riapre varchi alla vivificante irruzione della storia. A questo punto Pulcinella comincia finalmente a morire.
Aldo Masullo, in “Pulcinella comincia finalmente a morire”, 1999
Lello Esposito mi ha sempre dato nelle sue opere un senso di religiosa magia: una magia dell’arte che lega gli spettatori, l’opera, l’artista, in una sensuale armonia. L’ho visto tre volte di seguito fare e disfare, quasi per gioco, una scultura perfetta ogni volta, come un’infinita e sofferta magia, e, nella velocità della sua arte, non sapevo se alla fine non era la terra che scolpiva le sue mani… il peso della terra si alleggeriva, era spostato, alzato, fatto stoffa, palpito, maschera, vuoto.
Jean Noel Schifano, in “Dalle parti di Sisifo”, 2000
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