L’identità dei luoghi più della parola scritta e parlata adotta, per esprimersi, un linguaggio simbolico, un alfabeto iconico, in parte immaginato in parte immaginario, che travalica il limite del “locale” e parla a livello “globale” a tutti, superando limiti geografici, diversità linguistiche e differenze culturali.
Alla costruzione di questo linguaggio simbolico, del suo alfabeto iconico, il Maestro Lello Esposito ha offerto il suo contribuito artistico, a Napoli così come in diversi altri luoghi, attraverso diverse installazioni di Arte Pubblica realizzate lì dove la città è viva, lì dove i suoi abitanti la vivono, lì dove il visitatore cerca l’appassionata e identitaria vitalità di quel luogo.
Far dissolvere l’opera d’arte dentro gli spazi del vissuto delle persone, facendo così diventare Arte, Bellezza e Cultura come qualcosa di “familiare e quotidiano” con le quali convivere e condividere la propria esistenza, attraverso i quali autorappresentarsi, per mezzo dei quali identificarsi. Un’Arte Pubblica che si fa “Bene Comune”, opera da condividere, della quale prendersi cura tutti, alla quale voler “bene”: questo il fine degli interventi di Arte Pubblica realizzati dal Maestro Lello Esposito.
Significativa è la produzione di opere che il Maestro ha donato nel corso degli anni alla sua città, Napoli, divenuti oggi parte integrante del suo patrimonio materiale e immateriale:
è così che il “Pulcinella di Vico Fico al Purgatorio” è divenuto una delle immagini più rappresentative del Centro Storico di Napoli, riprodotto e diffuso nel mondo a mezzo Social da migliaia di scatti fotografici, ed assumendo anche una valenza apotropaica, quasi magica, dopo essersi diffusa l’usanza di accarezzare il suo nasone come segno di buon augurio;
un contatto “fisico” ed “affettivo” istaurato fra opera d’arte e cittadini che si ritrova anche nel caso di “Pulcinella il dubbio dell’uovo”, la scultura installata presso il Parco Mascagni nel quartiere Vomero, diventato nel tempo oggetto delle attenzioni e delle carezze dei bambini che frequentano il parco, grazie anche alla sua altezza che ne favorisce l’abbraccio da parte di tutti;
così come “Eccomi qui” è divenuto uno dei simboli della rigenerazione urbana determinatasi in molti quartieri di Napoli a seguito dell’apertura della Linea Metropolitana 1: Pulcinella esce dalla viscere della fermata di Salvator Rosa, viaggiatore nomade che finalmente ritrova la luce e con le mani sui fianchi osserva soddisfatto la città che rinasce.
Su queste ed altre opere disseminate fra le strade della città si cala lo sguardo de “Gli occhi di Napoli” enorme maschera in pietra posta alle pendici del Vesuvio e che invita il visitatore ad ammirare il capoluogo campano, così lontano fisicamente e al tempo stesso emozionalmente vicino, attraverso i “suoi occhi”.
Opere d’Arte che rappresentano, che proteggono, che si fanno accarezzare, che aiutano a guardare, opere d’Arte con funzioni “pubbliche”, che si donano a chi le osserva, che si lasciano vivere per meglio raccontare la città, per meglio definirne l’identità, per meglio garantire condizioni di agio e sentimenti di appartenenza a chi la vive.
APPROFONDIMENTO: “Gli Occhi di San Gennaro” esposizioni pubbliche